Leggo poco i post su facebook del sindaco, ma quanto basta per sentirmene lontano anni luce. E ancora più distanza e fastidio avverto quando mi capita di vedere video in cui il primo cittadino si propone da supereroe che difende il paese dal virus individuando ad uno ad uno i possibili untori. Ma taccio. Perché guardo il numero dei like e il tenore dei commenti e mi dico: Locorotondo è anche questo, anzi, peggio, Locorotondo è soprattutto questo. Poi leggo dei complimenti, da parte di chi, in teoria, sarebbe distante politicamente, al sindaco per come ha gestito quest’emergenza e l’entusiasmo bipartisan: questa è la vera politica, scrive qualcuno, complimenti a entrambi, il bene del paese prima di tutto. E la voglia di esprimermi cala ancora.
Poi mi arriva un messaggino: siete finiti a propaganda live per il logo contagi zero. Che è giusto la punta dell’iceberg che ho ignorato, a cui mi sono rassegnato. E mi incazzo, soprattutto con me stesso. Questi prima del covid non c’avevano un cazzo, dice Makkox. Non è vero. Forse non lo sa nemmeno, Makkox che Locorotondo è anche molto altro. E non parlo solo di Locus o di locali alla moda. Parlo della bellezza, del centro storico e della valle d’Itria. Oltraggiata, certo, da tanti interventi discutibili, ma ancora capace di incantare. Della passeggiata dalla chiesa Madre, barocca e centrale, alla Greca romanica ed essenziale. Di quella dalla villa comunale, al lungomare passando dal belvedere della Tempesta. Parlo anche di cose piccole: di un cinema che manda spesso film d’autore e di gruppi di ragazzi che ne discutono fino a tarda sera. Di una splendida libreria e dei fermenti culturali che vi germinano. Di discussioni sui massimi sistemi che d’estate si prolungano fino alla notte in piazza o sul lungomare.
Potranno emergere questi aspetti che, presuntuosamente, trovo meravigliosi, o resteranno politicamente e culturalmente marginali? Temo di no, ma forse, mi dico, bisognerebbe provarci.