Metapensieri al citofono

Salvini chiede al citofono a un ragazzo se spaccia, perché glielo ha detto una signora… Se ne parla da giorni, giustamente, ma a questo stile, che ricorda quello di Giancarlo Cito quando fu sindaco di Taranto, ci stiamo drammaticamente abituando. Anche a causa del modo in cui se ne parla.

I campioni del garantismo al soldo di Berlusconi, quelli a cui non bastavano le condanne in cassazione per riconoscergli un minimo di colpevolezza, mutano la loro natura e considerano dalla parte dello “spacciatore” chi si scaglia contro il gesto dell’ex ministro. Già, dello spacciatore, per questa qualifica non  c’è bisogno di processi. Sgarbi, che del finto garantismo ha fatto la sua opera d’arte, difende Salvini. È un gesto teatrale, dice, ne faceva anche Pannella. I veri untori sono gli spacciatori.

Malafede spettacolare, codesta, che impressiona quasi più del gesto indegno. Ma dopo aver battibeccato il giusto, i commentatori del politicamente corretto tornano a rivolgersi ai venduti chiamandoli per nome: Maurizio, Alessandro, Vittorio e magari si ritrovano a condividerne opinioni. Continueranno a invitarli per farci insieme il solito triste spettacolo che continuiamo a definire dibattito politico e a cui, per vizio, non riusciamo a sottrarci.

 

Nessun commento

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *