Fa meno rabbia, il Renzie, da quando sta lavorando per il suo yogurt. Perché, mi chiedo. Fino all’altro ieri non si tollerava la sua immagine in TV e oggi si seguono intere sue interviste. Più ordini di motivi, credo.
Per la svolta repentina coi cinquestelle che ha fregato l’altro Matteo? Un po’ sì. Ha dato lui la linea al PD quando nella famosa intervista da Fazio ha buttato a mare l’intesa che avrebbe potuto risparmiarci il governo giallo-verde. Poi, però, anche per suoi interessi di bottega, quella linea l’ha fatta svoltare. Ha fatto e disfatto e infine, non contento di un partito ameba che, pur riottosamente, riusciva a manovrare se n’è sfilato. È il suo stile, ma adesso dà meno noia. Forse perché un bullo ha più personalità di un mollusco?
Per lo spauracchio a immagine dell’altro Matteo? Un po’ sì. Rosari branditi, cubiste che ballano l’inno nazionale, richieste di pieni poteri, non se ne poteva più.
Ma mi suggestiona un’ipotesi di facile psicologia. Parafrasando Gaber, si aveva più timore di Renzi in me che di Renzi in sé. Si era infilato, sgomitando, sotto un ombrello che non era il suo cercando di modificarlo, adesso se ne costruisce uno a sua misura. Questo ce lo allontana, perché al primo ombrello, in qualche strano modo, ci si era affezionati. Adesso l’alterità è garantita e rassicura. Osserviamo da fuori cosa combina.