Il feticcio

Il feticcio

In quel tempo avevo relazioni e amicizie complesse. Come la mia condizione. Non conoscevo tanto di me, non riuscivo a prendere decisioni, a definirmi in un ruolo. Ero in impasse.

Conobbi lei. Mi apparve solare e cristallina. Si innamorò di me e me ne innamorai. Bastava poco a innamorarmi allora, tanto ne avevo voglia. Un po’ di attrazione per il corpo, e non mancava, un po’ di curiosità per la persona, e c’era. Crollai facilmente, per intero.

Lei ci stava, ma esigeva chiarezze. Voleva conoscermi del tutto. Le premeva, quindi, imparare, di me, molto più di quanto io stesso sapessi e io volevo accontentarla, darle spiegazioni.

Ma come? Non ne avevo per me! Indagare? Troppo complesso e lungo. Semplificare, la chiave diventò semplificare. Le abbozzai, dunque, una riduzione libera, fin troppo, di me e della mia vita: gioie, dolori, amicizie, perduti amori.

La mia costruzione non la convinceva. Certo, qualche ritocco l’avevo fatto, giusto per imbellettare il quadro, non tutto era preciso e congruente, ma mi pareva abbastanza, di certo il meglio che le potessi dare.

Non le bastava, voleva approfondire. E allora giù domande, lunghe serate di conversazioni tese, tedio, tedio mortale. Il gioco valeva la candela? Certo! Quell’interesse così profondo e quella gran foga mi facevano pensare all’amore, amore grande!

L’analisi accurata e pedante di ogni frammento della mia storia continuò per un po’. Dovetti aggiungere dei rattoppi qua e là, definire dettagli, anche inventare. Finii per costruire un feticcio. Lei non lo volle adorare, ma io presi a identificarmene e mi ci incastrai. Delusa, lo stracciò e lo mise da parte.

Mi sentii perso. Di lei non m’importava più di quanto bastasse a guarire la vanità ferita. Ma io dovevo ritrovarmi, ricomporre, pensavo, ciò che aveva distrutto.

Ci impiegai tanto a rifare il feticcio. Una fatica lunga, un lavoro di cesello. Quando finii, però, mi accorsi che non mi corrispondeva. Era alla sua misura, non alla mia.

Mi infuriai per il tempo perso e l’energia sprecata. Bruciai quell’infelice mia creatura e ne rinacqui.

“Non conoscevo tanto di me, non riuscivo a prendere decisioni, a definirmi in un ruolo. Ero in impasse”. Questo stato quindi non era più vero: una volta bruciato il feticcio che questo rapporto aveva creato, hai superato l’impasse, l’indecisione, l’indefinitezza, hai cominciato a conoscerti. E dunque forse non hai sprecato tempo ed energie.

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