Renziani, non renziani, antirenziani

Renziani, non renziani, antirenziani

Nel bestiario della sinistra, da un po’ distinguo tre categorie: renziani, non renziani e antirenziani. Tutta questa importanza do a quel pagliaccio… tant’è! Il renziano è la specie più odiosa, ma, per numero e per forza, la meno pericolosa. Lo si riconosce subito. È precisino, ordinato e ben vestito. Fino a ieri non si interessava di politica, ma poi ha sentito il richiamo da Firenze e non ha resistito. Aggressivo e spocchioso, è affetto da meritocrazia molesta. Chi non è come lui è un fallito, uno sfigato. Non parlategli di vaccini o di licenziamenti con giusta causa: morde. Vi è una specie più rara e perniciosa. Ha storia di sinistra centro, buona conoscenza delle vicende politiche recenti, adesione alla fede meno sentimentale e più pragmatica. Meno rumorosa, codesta razza, e ultimamente, forse in estinzione. Abbandona la nave prima che vada a fondo.

Meno facile da riconoscere, il non renziano, o diversamente renziano, come dice qualcuno. Ha storia di sinistra più o meno radicale, è deluso da tanti anni di divisioni e contrasti, dialettiche complesse, seghe mentali. Ha risolto così. Di solito premette a ogni discorso: “Io non sono renziano, ma…”, ed è il segno più facile da riconoscere. Manifesta un odio per i populismi perfino superiore a quello del renziano doc, come se li considerasse un prodotto degenere di quella sinistra antica da cui si va allontanando. Si scaglia con forza contro la parte più ingenua del proprio passato. Sono i più velenosi.

Infine, gli antirenziani. Non sopportano, del Renzi, davvero nulla. Lo considerano un Berlusconi antipatico, il peggio del vecchio democristiano con la boria del comunista e l’ideologia liberista. Gli riconoscono doti dialettiche, lo reputano un osso duro. Ma, grazie al cielo, abbastanza rottamatore da distruggere se stesso, i suoi antagonisti nel partito (bella forza!) e, forse, il partito stesso.

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